Ho letto in rete informazioni sulla quantità di Doc/Docg e delle Igp del vino Italiano. Il tutto era incentrato sullo stucchevole paragone, vera contrapposizione, con quanto presente in Francia.

Ritengo sia veramente inutile continuare a paragonare due viticolture così diverse, da cui ne conseguono due mondi produttivi e due mercati di vendita profondamente diversi e non paragonabili su troppi argomenti.

Il volersi a tutti i costi confrontare, a mio parere manifesta un non celato senso di inferiorità, da cui ci si deve definitivamente liberare, nel rispetto e ammirazione della storia e della produzione francese, ma senza sentimenti di inferiorità, con un orgoglioso senso di differenza, che si manifesta in viticoltura, prodotti ed immagine.

Colpisce che il 70 per cento della nostra produzione sia destinato a vini Docg, Doc e Igt.

I numeri sono esplicativi: 332 vini a denominazione di origine controllata (Doc), 73 a denominazione di origine controllata e garantita (Docg), e 118 vini a indicazione geografica tipica (Igt).

Altro argomento sempre presente nell’informazione in rete, è quello relativo alle conseguenze generate dal confinamento.

La chiusura dei ristoranti e degli alberghi, avvenuta in Italia ed all’estero, ha penalizzato il consumo di vino di qualità. Questo ha creato delle distorsioni sul mercato, creando la necessità (non la si sentiva più da anni) di diminuire la quantità di prodotto disponibile sul mercato. Certo alcune decisioni assunte a livello europeo, avranno come destinatario il vino generico, quello senza denominazione. In questo senso si muove la distillazione. E’ bene ricordarlo: la distillazione del vino, sarà soltanto su base volontaria.

Diversamente con il “piano salva vigneti”, fortemente caldeggiato da Coldiretti, ci sarebbe anche la vendemmia verde e la riduzione delle rese su almeno 100 mila ettari, per una riduzione di altri 300 milioni di litri della produzione sui vini di qualità: così facendo, dicono, si eviterebbe un eccesso di offerta, considerate le conseguenze della pandemia sui consumi internazionali.

Altra richiesta avvanzata è quella del taglio dell’Iva, che si attesta adesso al 22%, e di quello del credito di imposta per i crediti inesigibili derivanti dalla crisi Covid – 19. 

Sulla possibilità che si adotti una misura come il taglio dell’Iva, non fattibile su un solo comparto, ho sinceramente molti dubbi.

Sarebbe invece molto interessante venisse creata una possibilità snella e poco “burocratica” relativa alla seconda opzione.